Giovanni CESCA

Giovanni Cesca

 

 

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IL REALISMO MAGICO DI GIOVANNI CESCA, PITTORE DELLA FORMA E DELLA LUCE, ESTETA DELLA NATURA E DELLA STORIA

di Roberto Costella
2003

 

Le stagioni della sperimentazione artistica

La svolta

Le riscoperta della forma e della luce

I paesaggi fluviali

I paesaggi rurali, i paesaggi alberati e i paesaggi aerei

Le nature morte


 

"Che senso dare al progetto artistico in
un mondo che gli dei hanno disertato mano a
mano che l'uomo ne ingrandiva i confini?
Saremmo forse, come il poeta, 'restituiti al
suolo' con un dovere da cercare e la realtà
rugosa da abbracciare? Forse la molla
necessaria potrebbe essere la realtà immediata,
la più rapida a sbarazzarsi del sogno e
dell'utopia. Non si tratta di conquistare quello
che ci sfugge, ma di salvare ciò che ci circonda.
Il profilo di un albero, il riflesso di un vetro, un
mobile, un frutto, un corpo, la lucentezza di uno
sguardo, abitati ormai dalla presenza, dal
sogno e dal peso del passato ridiventeranno per
noi più preziosi di qualsiasi Eldorado. Saranno
queste le nostre evidenze"
Jean Clair, Critica della modernità, 1983

 

LE STAGIONI DELLA SPERIMENTAZIONE ARTISTICA

I percorsi biografici e artistici di Giovanni Cesca sono da sempre intrecciati e risultano corrispondenti fin quasi ad identificarsi. La storia della sua ricerca estetica parte da lontano: attratto dal mito della pittura murale rinascimentale frequenta l'Istituto d'Arte ai Carmini di Venezia, specializzandosi in affresco sotto la guida di Remigio Butera. Ha come docenti Armando Tonello, Mario Disertori, Franco Costalonga, e come compagni di studio Costantino Cisco e Giancarlo David.
E' il momento dell'apprendistato, della sperimentazione tecnica, dell'approccio teorico e operativo al mondo dell'estetica; è la scoperta del linguaggio della figurazione, della civiltà dell'immagine veneziana, italiana e occidentale.
La determinazione ad approfondire il percorso avviato, la maturazione di esigenze espressive sempre più definite lo inducono ad iscriversi all'Accademia di Belle Arti di Venezia, optando per l'indirizzo pittorico.

Segue i corsi di Bruno Saetti e di Carmelo Zotti che lo introducono alla sperimentazione della modernità; si impegna anche nell'attività incisoria, indirizzato da Arnaldo Battistoni e da Mario Guadagnino, raffinando l'espressione grafica e operando una ricerca sul valore struttivo del segno.

Nel 1970 si diploma e consapevole delle proprie capacità tecniche, deciso ad avviare un personale percorso estetico, comincia l'avventura nel mondo della pittura.
Il rapporto fisico e culturale con Venezia non viene comunque meno, anche se il luogo operativo è nell'entroterra, nel paese di origine San Donà di Piave.
Qui Giovanni Cesca ha i riferimenti familiari e i legami affettivi, qui la natura e gli spazi della sua esistenza passata e presente.
Venezia resta però riferimento imprescindibile e meta di continui ritorni associati a due complementari ideali culturali. Lo stesso artista dichiara di sentire "due anime" che dialetticamente si confrontano: l'esigenza della classicità rappresentata dalla luce dei mosaici marciani bizantini, dal cromatismo dei grandi teleri rinascimentali e, dall'altra parte, l'aspirazione alla modernità espressa dallo sperimentalismo novecentesco e dalle esperienze delle avanguardie.
Le Gallerie dell'Accademia sono elette da Giovanni Cesca a luogo museale depositario della tradizione veneziana, mentre l'Accademia di Belle Arti rappresenta il laboratorio artistico orientato alla contemporaneità, all'internazionalismo estetico attestato dalla collezione di Peggy Guggenheim.

Nel periodo 1967/'68 Giovanni Cesca si avvicina alla figurazione cubista e futurista, spinto dalla possibilità di scomposizione e geometrizzazione della forma, dalla volontà di analizzare le leggi costitutive della realtà oggettuale e spaziale, dalla possibilità di conquistare l'essenza delle cose, dello spazio e del movimento.
L'artista avvia un percorso di analisi stilistica e di sperimentazione tecnica delle esperienze estetiche più significative del Novecento.
E' una ricerca che nell'arco temporale 1969/'74 orienta gli interessi artistici verso gli esiti più visionari della pittura surrealista e della figurazione drammaticamente deforme di Bacon e Sutherland.
Le immagini assumono un carattere magicamente oscurato con inflessioni espressioniste e sono popolate da un mondo che contamina l'antropomorfismo con lo zoomorfismo, che popola spazi improbabili e immaginari.
Scrive Leonardo Rossi (1973) che il periodo "è ispirato all'uomo contemporaneo vittima del disagio della civiltà. Le figure maschili e femminili, lacerate, oppresse dalla vita, sono cariche di effetto drammatico e il silenzio in cui si ergono è proprio del vuoto della condizione umana, dell'inattualità della vita interiore, della facoltà di sentirne l'esigenza e della possibilità di manifestarla ".
Intanto Giovanni Cesca partecipa a varie rassegne espositive ed ottiene i primi riconoscimenti artistici: nel 1967 esordisce alla Triveneta Giovanile d'Arte di Cittadella (Padova); nel 1970 riceve da Bruno Saetti la Coppa Ente Fiera di Vicenza al Premio di Pittura Trissino; nel 1971 e nel 1972 si merita il premio-acquisto alla 56ª e 57ª Collettiva Opera Bevilacqua La Masa di Venezia.

Verso il 1975, conducendo all'estremo la sintesi formale, arriva a liberarsi dell'immagine naturalistica e a conquistare la piena autonomia tecnico-esecutiva: concepisce una sorta di astrattismo lirico impegnato a conferire al colore, espressionisticamente interpretato, il ruolo di protagonista primario.
L'evoluzione è favorita anche dall'incontro con Carlo Ludovico Ragghianti: il critico spinge l'artista alla sperimentazione sistematica, sia tecnica che formale, per evitare il rischio della cristallizzazione stilistica.
Nello stesso periodo Giovanni Cesca frequenta con assiduità il gruppo di semiotica e psicanalisi lacaniana milanesi: le riflessioni elaborate dall'artista favoriscono una pittura sostenuta da ispirazione ed intenzionalità culturali sinestetiche.
Le immagini, secondo Giuliana Lucia Barosco (1980), rivelano "un rapporto completo, di totale soddisfazione fisica e psicologica … espresse attraverso colori vibranti e intensi, che spesso conducono ad una follia coloristica dalle pennellate libere, quasi in una gioiosa rinascita pagana della passione, ma sempre calibrata dall'intelligenza".
Precisa Raffaele Monti (1981) che "… il pittore sembra voler riacquisire, riproporre, il potenziale intatto del segno e del rapporto segno-colore. Ne nasce una sorta di rinnovata immagine gestuale, fervida, assolutamente impulsiva che si rivela decisa soprattutto per un nuovo valore che appunto il segno, come tramato pittorico o disegnativo, avrà nelle tele immediatamente seguenti ".
La ricerca sistematica di Giovanni Cesca è senza pause; il capitolo successivo si indirizza al recupero di soggetti strutturati e quindi di contenuti tematici che riportano in equilibrio il rapporto tra referenzialità e astrazione: nasce la serie dei Miti, delle Metamorfosi, dei Labirinti. Segnala Virginia Baradel (1983) che "I colori confinano, segni colorati si montano tangenti, superfici plasmate s'incrinano in una insaziabile tensione sperimentale che non teme il magnetismo dell'evocazione figurativa se pur questa è registrata nella memoria …".
E' la stagione conclusiva di un lungo e deliberato sperimentalismo artistico che Attilio Rizzo (1984) identifica e definisce come "esplorazione", sottolineando che Giovanni Cesca "cambia moduli e collega esperienze, dentro una solida unità", dichiarando che "Le forme contraddittorie, la cangiante realtà delle opere, la mutevolezza degli approcci espressivi, non sono frutto di paura o disorientamento, ma sono al contrario la testimonianza di chi vuole vivere intervenendo".
Il capitolo degli anni Ottanta che sembra contraddistinguersi per instancabile impulso sperimentale, conclude in realtà il "periodo avanguardista".
Parallelamente l'attività espositiva prosegue con sistematica continuità; molte le mostre tra le quali sono da menzionare nel 1981 la personale alla Galleria Inquadrature di Firenze; nel 1982 la personale nella Sala Consiliare del Municipio di San Donà e la collettiva Pittori italiani alla Volksuniversiteit di Rotterdam; nel 1983 la personale alla Galleria Il Diagramma 32 di Napoli e alla Galleria Fumagalli di Bergamo, la collettiva Pittori Italiani alla Staats-Und Universitatsbibliothek di Amburgo.
Contemporaneamente Giovanni Cesca allestisce esposizioni personali anche al Centro d'Arte e di Cultura Il Brandale di Savona, alla Galleria Variazioni di Milano, alla Galerie Trefcentrum di Rotterdam, alla Staats-Und Universitatsbibliothek di Amburgo, alla Galleria Bevilacqua La Masa di Venezia, alla Galerija Dom Mladih di Sarajevo.

 


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