Giovanni CESCA

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GIOVANNI CESCA
di Raffaele Monti
1981

 

Nel percorso recente di Giovanni Cesca v’è un momento liberatorio. Quasi per superare l’eccedenza dei contenuti riflessivi, psicologici, in parte extraformali che la sua attività precedente aveva elaborato, il pittore sembra voler acquisire, riproporre, il potenziale intatto del segno e del rapporto segno-colore.Ne nasce una sorta di rinnovata immagine gestuale, fervida, assolutamente impulsiva che si rivela decisiva soprattutto per un nuovo valore che appunto il segno, come tramato pittorico o disegnativi, avrà nelle tele immediatamente seguenti.
Una riqualificazione dunque dell’inquadratura, dello spazio in essa racchiusa, delle sue tensioni e del tessuto che ne definisce lo spessore.
Da questo punto fermo Cesca ha ricominciato il proprio discorso evitando in un primo momento i diretti richiami figurativi e limitando il proprio repertorio formale a elementi portanti, quasi primigeni e archetipali. Le misurazioni geometriche o stereometriche sono dunque una sorta di ricostruzione “ab ovo” di un mondo di figure delle quali si definisce l’origine storica. I rapporti tra misura ed armonia sembrano determinare completamente queste tele dipinte nel 1980; la libertà del gesto ha rivelato l’ordine che necessariamente lo sottendeva, e definisce una forma tramata da una pennellatura fitta, quasi grafica; una sorta di tessuto postdivisionista che rammemora un preciso momento dell’esperienza bocconiana.
Sembra dunque che Cesca voglia definire una totalità dinamica entro la quale individuare nuove regole armoniche e proporzionali; immediatamente dopo, - nei quadri presenti in questa mostra – il recupero del figurativo è attuato attraverso siglature direzionali, percorsi ritmici e flessuose sonde spaziali che si ritagliano nella tramatura del colore-fondo, pur partecipandone la fitta sostanza materica.
Attraverso questo sistema l’oggetto è rievocato e definito; e tale oggetto-immagine è a sua volta direttamente citato, è una immagine storica preesistente ( quadro, carta da gioco, fotografia panoramica ) in una sorta di rituale oggettivante di evocazione in bilico tra artifizio linguistico e la magia affabulata.
In effetti lo slittamento-interferenza dei motivi formali che definiscono uno stesso oggetto è ricercato, quasi esibito; in questi nodi apparentemente decorativi la logica dei raccordi sintattici è completamente distorta, per cui l’immagine nata nella sua inquadratura convenzionale si ribalta in essa, ne è disgregata e assume nel nuovo giro armonico in cui viene attratta, una nuova cadenza.
Questo riferimento a materiali storici d’immagine è ancor più accentuato nelle ultime tele; esse sono addirittura teoremi sopra temi formali tra i più alti della nostra storia: Leonardo, Botticelli, Brueghel sono precedenti necessari ai quali il pittore si rivolge per compiere un proprio favoloso viaggio nel tessuto più intimo della natura. Le sonde-spazio si sciolgono, l’immagine evocata si concretizza quasi come nucleo di una espansione tendente all’infinito, in un moto che non solo la coinvolge ma da lei parte per espandersi in una reazione quasi di fibrillazioni centripete, di gioiose effusioni generate dal bisogno di partecipare sulla tela la gioia naturale ritrovata dopo un’esperienza liberatoria.
In questo il percorso di Cesca è assolutamente conseguente; si possano o meno preferire alcune sue immagini degli anni trascorsi, quando in lui erano attive le esperienze, pur liberissime, sopra Sutherland e Bacon, è certo che in esse era avvertibile una sorta di costrizione quasi psicologica, una necessità di emozione negativa, di autoscopia inclemente che è irrintracciabile nel rinnovato entusiasmo vitale di questo suo ultimo lavoro; nello stesso modo il colore si è alleggerito e pur conservando la virgolatura tramata a cui abbiamo fatto cenno ( anzi inglobando in essa anche la morfologia delle immagini-citazione ) definisce un tessuto leggero, disponibile al riflesso, al filtro di colori svariati ed accordati.
Immagini, dunque, che hanno come principale motivazione la ricerca, il fluire dell’esperienza e che si pongono come momento di passaggio di un discorso coerente e sicuro.

 

 

 

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