Giovanni CESCA

Giovanni Cesca

PICCOLA STORIA D'ANIMA PAESAGGIANTE 2011
di Carla Nardini

n° 24 opere su carta cm 30x30
disegno : matite colorate , grafite, pastello, carboncino su carta Fabriano Tiepolo

 

 

Nel cassetto della sartoria paterna lo sguardo va a posarsi lì, in una congerie di forme tondeggianti sul panno lucido e poi… sfuma nell’ombra. E’ un andamento morbido e dolcemente ondulato da somigliare ad una bassa collina. Più in là, in uno spazio angusto ma trasparente, una selva di spilli riflette la luce argentea che filtra dalla finestra. Il ginepraio dei piccoli segmenti d’acciaio luminoso, lasciano scorgere un cenno iridato di fili nella trasparenza del vetro. Poi il piccolo esercito di aghi e spilli marcia organizzato sulla collina di panno verde oltre la quale si apre l’azzurro del cielo. Ma subito dopo, come in un gioco da equilibristi, altri spilli guadagnano lo spazio poggiando sul lembo scuro del tessuto.
E questa sequenza continua tra realtà e immaginario, suggerita dal procedere “automatico” delle associazioni libere: l’esile struttura di un ago, nuovo albero nel paesaggio sartoriale, è assimilata all’altrettanto esile essenza di un pioppo piantato in una parte della radura al Prà dei Gai di Portobuffolè.
Nelle radure, seguendo la strada sterrata si incontrano alti pioppi, silenziosi guardiani del luogo, anima venetica che staziona tra l’ocra e il verde. Lingue di colore saettano in fondo come cavalli in corsa, così come saranno stati in tempi lontani i cavalli veri ora evocati come “anima di cavallo” che respira nel giorno e nella notte, per assistere ad una nuova alba nel nuovo giorno . Ombre d’alberi tra la brume delle prime ore lucane pullulano di voci vegetali che sussurrano il venetico antico. Figure di cavalli delle lamine ben composte al museo, escono da quello spazio angusto, severo e storicizzato e, come in un grande magico respiro, si riappropriano del loro spazio naturale, risalendo a ritroso la china del tempo e ritrovando nel luogo quell’artista che li ha visti e poi sbalzati nel rame.
Radure, strade sterrate, prati organizzati, grandi spazi punteggiati da verde tondeggiante e basso… e poi il fiume, gli alberi che si specchiano e si traducono in sequenza.
Tutto si trasforma in disegno e poi, stanca della sua severità, la grafite apre il canto alla sanguigna.

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