Giovanni CESCA

Giovanni Cesca

CESCA: PERCORSI. OPERE 1964-2007
di Roberto Costella
2007

 

La mostra è promossa dal Direttivo dell'Associazione ex allievi I.S.A. e viene ospitata nella Sala "Dalla Zorza" situata nello splendido chiostro dell'Istituto Statale d'Arte di Venezia.
L'esposizione " CESCA : PERCORSI " Opere 1964 – 2007 coincide con i 40 anni di attività artistica del pittore sandonatese Giovanni Cesca ed assume una particolare valenza simbolica come ricognizione di un iter complesso, intenso e variegato, sviluppatosi a partire dalla frequentazione della Scuola veneziana, primo luogo di formazione.
Il saggio critico di Roberto Costella (per le parti significative qui stralciato da catalogo Ed Cicero "Cesca- Il realismo magico ") individua il tragitto compiuto dal pittore in tre aspetti: "Le stagioni della sperimentazione artistica", "La svolta", La riscoperta della forma e della luce".


Il percorso, costituito da cinquanta opere, è documentato inizialmente da alcuni disegni (tra i quali Interno dei Frari e Mia madre in sartoria entrambi del '64) e un acquerello (Natura morta, '64) realizzati a Venezia e nel luogo di provenienza. In questo primo nucleo il curatore intende individuare la posizione dialettica tra il luogo d'origine, con i valori in essa contenuti, e la città d'arte luogo della conoscenza, dell'apertura, delle novità. Saranno questi due i poli che accompagneranno il percorso, o meglio i percorsi, dell'artista.
Nella presentazione si legge: Nel periodo 1967/'68 Giovanni Cesca si avvicina alla figurazione cubista e futurista, spinto dalla possibilità di scomposizione e geometrizzazione della forma, dalla volontà di analizzare le leggi costitutive della realtà oggettuale e spaziale, dalla possibilità di conquistare l'essenza delle cose, dello spazio e del movimento. L'artista avvia un percorso di analisi stilistica e di sperimentazione tecnica delle esperienze estetiche più significative del Novecento. E' una ricerca che nell'arco temporale 1969/'74 orienta gli interessi artistici verso gli esiti più visionari della pittura surrealista e della figurazione drammaticamente deforme di Bacon e Sutherland.


Le esigenze espositive hanno costretto a ridurre ad un olio (Presenza-dal rosso al blu del 1970) la parte concettuale, ancora inedita, del percorso artistico di Cesca, maturata alla fine del '70 e proseguita nel '71, espressa in qualche centinaio di fogli oltre a varie tele. Seguendo l'iter cronologico, prosegue poi lo storico: Verso il 1975, conducendo all'estremo la sintesi formale, arriva a liberarsi dell'immagine naturalistica e a conquistare la piena autonomia tecnico-esecutiva: concepisce una sorta di astrattismo lirico impegnato a conferire al colore, espressionisticamente interpretato, il ruolo di protagonista primario. L'evoluzione è favorita anche dall'incontro con Carlo Ludovico Raggianti: il critico spinge l'artista alla sperimentazione sistematica, sia tecnica che formale, per evitare il rischio della cristallizzazione stilistica.
Degli anni '80, periodo di intensa attività in Italia e all'estero caratterizzato dalla presenza di due galleristi come Marcello Innocenti di Firenze e Alberto Fumagalli di Bergamo, l'attività è riassunta in alcuni significativi acrilici sul tema dei coriandoli, degli amorini, delle costellazioni. Come sostiene Costella: Il capitolo degli anni Ottanta che sembra contraddistinguersi per instancabile impulso sperimentale, conclude in realtà il "periodo avanguardista".

A conclusione di questa fase sembra emblematico l' "Orologio rosso" del 1987 che segna il cambiamento e funge da spartiacque tra il fervore sperimentale e la successiva fase più contemplativa. A tale proposito nel testo si precisa: Si può allora affermare che la svolta pittorica degli anni Novanta sembra essersi pariteticamente sostenuta a ragioni etiche ed estetiche: Giovanni Cesca ha avviato il recupero delle "radici", si è riappropriato delle sue origini e delle terre delle origini. Ma, al contempo, ha saputo recuperare e aggiornare la pittura associata a quel mondo, quella della grande tradizione veneziana, nell'intento di preservare e dichiarare l'organico rapporto tra "natura" e "cultura": è questa la dimensione che sopravvive nei luoghi sottratti al dominio della contemporaneità e nei territori dimenticati dall'uomo tecnologico; è questo lo spazio incontaminato che l'artista rintraccia e celebra attraverso la pittura.
Giovanni Cesca condivide ora le posizioni teoriche di Jean Clair in cui si afferma che "L'estetica della modernità in quanto estetica dell'innovatio, sembra aver esaurito tutte le possibilità della sua creazione, (…) L'utopia del novum è scaduta. (…) Sembra allora delinearsi (…) un'estetica che potrebbe essere quella di un rinnovamento, inteso come riattingere alla memoria, un ricorso al passato culturale, l'esplorazione di una dimensione che è quella della storia, destinata a ridare alla creazione l'interiorità perduta" (Critica della modernità, 1983).
Nel percorso espositivo, non certo in quello cronologico, segnano "La svolta" due grandi disegni di pregevole fattura condotti in venti gradazioni di grafite, da considerare vera e propria pittura in bianco e nero. A seguire, alcuni recenti oli dalle tonalità volutamente diversificate sul tema del paesaggio, qui inteso come luogo di contemplazione, e un'opera sul tema dei Veneti Antichi (Dalla lontana risacca l'eco di un nitrito venetico del 2004), argomento particolare sul quale l'artista sta lavorando dal 2000.
Conclude la mostra una sequenza di cinque disegni a grafite e matite colorate, sugli oggetti della sartoria paterna a suo tempo individuati sotto il titolo di Paesaggi dell'anima. Su questo particolare tema così ha scritto il curatore nel 2003: Escluse dalla contingenza della temporalità e riscattate dall'oblio, possono così esprimere storie di esistenze passate costituendosi forme definitive e perenni. Come scrive Marcel Proust del resto "dipende da noi rompere l'incanto che tiene prigioniere le cose, portarle sino a noi e impedire che cadano per sempre nel nulla": è lo stesso percorso che compie Giovanni Cesca nelle nature morte come nei paesaggi. E' la sua scelta etica, è il suo impegno estetico, è il suo realismo magico.

 

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