Giovanni CESCA

Giovanni Cesca

GIOVANNI CESCA: PITTURA ALLA FINE DEL MODERNO
di Roberto Costella
1997

 

Impegno di revisione e ansia di rinnovamento accompagnano la storia artistica del Novecento. Indagine sistematica e sperimentalismo continuo segnano il percorso dell'estetica contemporanea.
Riducendo a variabile ogni presunto principio d'autorità, tutto è stato messo in discussione: la legittimità e necessità dell'attività estetica, la sua valenza culturale e sociale, le finalità ideologiche e le potenzialità espressive, il linguaggio formale e il mondo tematico, i processi esecutivi e i materiali operativi.
La trasformazione dei modi e l'accelerazione dei ritmi della vita sociale, l'allargamento dei confini dell'esperienza e dell'esistenza umane, hanno favorito in ambito artistico l'avvento di un internazionalismo estetico fondato sull'adozione delle più diverse tradizioni; un'attività comparativa che ha integrato codici e forme eterogenee, liberate da vincoli cronologici e geoculturali.
Nuovi linguaggi programmaticamente associati a precise dichiarazioni teoriche, in esplicita rottura con ogni eredità del passato, ma sempre pronti a confrontarsi e comporsi con mondi tradizionalmente affini e talvolta estranei: filosofico, letterario, musicale, teatrale e anche cinematografico, matematico, psicoanalitico, teosofico ...
La storia dell'estetica del Novecento è perciò ambito teorico-operativo integrato, sinestetico e pluri disciplinare. Sociologicamente però si deve rilevare e ammettere una distanza crescente - fino al limite della dissociazione - tra mondo artistico e massa; si deve constatare che nell'età della comunicazione generalizzata e globale, l'arte - soprattutto quella contemporanea - comunica sempre meno ...
Come mai in passato, essa ha ( al contempo e contraddittoriamente) proclamato tante verità e confessato tanti dubbi, mai è stata così esaltante e così deludente, così viva e così in crisi. E continuando negli ossimori, mai così ortodossa ed eretica, evoluta e primitiva, universale e individuale, artistica e anti-artistica !


La fine del secolo evidenzia questa insanabile contrapposizione che è espressione sia di un travaglio storico, sia di un contributo culturale. La sofferta conquista di un'identità estetica in radicale rottura con il passato, ha aperto inesplorati e vastissimi campi di indagine, ma ha posto un doppio problema.
Attuando uno strappo, il mondo artistico ha preferito l'ignoto al noto, rinunciando all'eredità collaudata e alle sue rassicuranti certezze. Esplorando una via esclusiva, si è precluso tutte le ipotesi alternative, nell'ambito - ora infinito - del possibile; così facendo è insorta la drammatica questione - ideologica, culturale, estetica - di identità e alterità.
Questa patologia di fine secolo e millennio, esistenziale prima che intellettuale, si genera dalla ineluttabilità della pressante domanda, che la coscienza storica del nostro tempo all'infinito ossessivamente ripropone.
Chiunque operi nel sociale, politico o culturale, conosce la portata del problema e gli effetti conseguenti: omologazione da una parte e alienazione dall'altra, e comunque perdita di capacità di azione e interazione ...
La consapevolezza della crisi della modernità sembra aver segnato anche il percorso estetico di Giovanni Cesca.
La sua formazione culturale e tecnica, si è pariteticamente sostenuta sulla lezione del passato e sull'esempio del presente. Ma la successiva autonoma sperimentazione artistica si è logicamente allineata sul dibattito contemporaneo. Giovanni Cesca si è avvicinato a singole personalità piuttosto che a movimenti, ha trovato i riferimenti nei maestri e nelle opere piuttosto che nei gruppi d'avanguardia e nei loro manifesti.
Un percorso articolato, pluridecennale, sempre giustificato dall'adesione alla modernità, che pare però all'inizio degli anni Novanta, operare una svolta netta e poi trovare una giusta meta.

Giovanni Cesca torna alle origini, al mondo fisico delle sue radici naturali e al mondo estetico delle sue radici culturali: è l'evasione dalla modernità. Ritrova il paesaggio veneto, ritrova la grande tradizione pittorica italiana e, in particolare, veneziana.
Si avvicina alla natura per esprimere la sua natura, alla grande pittura del passato per esprimere il suo passato. E' cosciente di dover comunque essere testimone del proprio tempo, come delle precedenti personali esperienze, senza rincorrere le tendenze effimere del presente e senza alimentare anacronisticamente nostalgie del passato.
Si impegna a recuperare il magistero tecnico della tradizione come necessità espressiva di mutate esigenze estetiche. Si preoccupa di fissare fotograficamente le sue ricognizioni come riferimento documentale dello spazio-tempo vissuti come registra-
zione tecnica, impersonale e veristica, da rendere immagine artistica, soggettiva e vera in pittura.
Le sue scene nascono come immagini della memoria; come il frutto della decantazione di un rapporto
empatico con un paesaggio che le stagioni naturali e umane hanno connotato. Un paesaggio però, dove quelle stagioni sono lontane, ma persistono assolute perché indelebilmente impresse a delineare i caratteri definitivi di quel luogo.
Sono immagini, preferenzialmente legate a paesaggi fluviali, che esaltano la natura nei suoi elementi costitutivi primordiali.
Primariamente l'acqua, presenza vitalistica e magica per eccellenza, legata - nell'alveo e negli argini - alla terra, elemento che sì associa all'uomo e ne evoca la presenza attraverso l'operato. Poi nella densa e tersa atmosfera, il fuoco e l'aria, generatori e trasmettitori della luce solare e dei colori naturali.
E' dalla loro concertata presenza e dalla loro sincronica azione che nasce una rigogliosa e armonica vegetazione, emblema della forza generatrice della natura e del miracolo della vita.
I dipinti di Giovanni Cesca sono immagini accurate e meditate, eseguite con consapevole lentezza, quasi in sintonia con i ritmi vitali del mondo biologico e in voluta distonia con la frenesia imposta dalla società contemporanea.
Sono infatti frutto della contemplazione e della sua sublimazione più che dell'azione en plein air e dell'emozionata esecuzione diretta.
Giovanni Cesca è spettatore che si proietta e identifica con lo spettacolo cui assiste ma recuperandolo dal suo terzo occhio, e poi ricreandolo sulla tela.
Al contempo egli scopre e si fa testimone di un mondo ancora incorrotto e autenticamente naturale, ma anche dei diritti della storia di cui è depositario e di cui è frutto.
E' il valore etico della sua scelta estetica: la salva-guardia di quella natura antropizzata come salvaguar-dia dell'uomo, tutela della civiltà e garanzia di futuro.

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