Giovanni CESCA

Giovanni Cesca

GIOVANNI CESCA
di Attilio Rizzo
1984

 

Conosco Giovanni Cesca, lo conosco da molto tempo.
Da quindici anni esplora; cambia moduli e collega esperienze, dentro una solida unità. Cesca, friulano di ascendenza, è veneto di nascita e veneziano per educazione e per cultura. Conosco il padre di Giovanni, un artigiano sapiente e silenzioso che ha trasmesso al figlio l'ordito della professionalità, fatta di lavoro e di piacere per l'opera compiuta. Giovanni si è invece costruita la trama con l'aiuto della terra nella quale è vissuto; ed è la trama del colore, dell'aria-materia, del vuoto apparente che è corposo impasto cromatico.
Con sensibilità di autore moderno, Cesca usa quello stesso gioco che fu dei maestri del '600 e 700 veneziano, perché ama dipingere ed ama il colore. Conosco Giovanni e so perché costruisce così le sue opere. In lui, essere che cerca, esplode quotidianamente il contrasto tra emotivo e razionale, tra logica e pulsione. Invece di abbandonarsi alla sicurezza di un polo o allo sterile autocompiacimento dell'altro, Cesca accetta la tensione e la conseguente situazione instabile e vitale.
L'impossibilità di accedere alla totale comprensione non è negata e nemmeno sofferta come sconfitta, ma è invece « fatto » sopra il quale ed attraverso il quale costruire. Le forme contraddittorie, la cangiante realtà delle opere, la mutevolezza degli approcci espressivi, non sono frutto di paura o disorientamento, ma sono al contrario la testimonianza di chi vuole vivere intervenendo. Costellazioni: stelle di sempre e stelle del nostro futuro.
Amorini: mitologia e acrilico.
Chiavi e scrigni e forme archetipali: concetti e masse che si oppongono e che sfidano.
Labirinti: percorsi che significano solo se « percorsi » da qualcuno. La riuscita non è indispensabile; l'essenziale è cercare un'uscita. Vengono così generati i ricordi-progetti degli ultimi quadri. Dopo le prime esperienze surrealiste, dopo gli astratti della fine degli anni settanta e gli apparenti figurativi degli inizi degli ottanta (quando il colore viveva in sé e creava lo spazio), nascono ora segni che sono guide entro il colore. Il segno traccia la luce, la percorre, la scandisce dandole nuovo significato; il continuo della linea obbliga la materia al rapporto con un itinerario. E' il labirinto, ultima risultanza cronologica dell'opera di Cesca, che struttura lo spazio e ne suggerisce il divenire. Se non conoscessi questo pittore. Se non lo avessi mai Incontrato, pur mantenendo in quell'ipotetico universo parallelo le mie caratteristiche culturali...

Vedo paradigmi diversi, ed io approvo chi si gioca su più tavoli, avverto solido cambiamento, lontano dalle mode e dalle scuole, riconosco lavoro e volontà.

Eppure, alla fin fine, sono un tecnico e non un umanista; ed allora: come mai que¬sto pittore riesce a tratteggiare il reale rifacendosi in modo manifesto alla Relatività, ammiccando alla Psicanalisi, intuendo le leggi dell'Evoluzione? Costellazioni ed universi spiraleggianti occhieggiano come dall'immensamente grande così dall'infinitamente piccolo, proponendo in ogni ordine di scala l'eterno enigma del rapporto.
Figure classiche (l'uomo ormai perfectum?) che svaporano, noduli ed amebe nei brodi primordiali, lampi cristallografici ed infine lo spettro della radiazione che permea¬va un tempo l'universo, soffiandolo dentro il suo futuro. Grafismi accattivanti nella nebbia di un continuum che si crea per essi e nonostante essi. Piramidi, clessidre, lettere: spazio, tempo e parola dentro la pioggia inebriante del pastello, tecnica certamente assai rischiosa a fronte della sontuosa scansione dei pennelli. Perché la sensazione così precisa di una weltanschauung che tiene conto della prossima fine del millennio? Come può questo autore percepire il Principio di Indeter-minazione e la presenza del Caso e della Necessità? Me lo chiederei se non conoscessi Cesca.
So per certo che esistono persone che avvertono il senso dell'epoca che vivono, o perché la guardano dalle vette dell'astrazione e del sapere oppure perché, come sismografi aggrappati al reale, registrano i più sordi brontolii dell'esistente. Così chi crea non fa che dar la forma a sensazioni, a regole, ad analogie, ad emozioni ed a realtà. Ed al di là delle ideologie, dei dogmi e delle certezze da dozzina, la realtà dell'oggi è: cercare. A noi, Primati, il comportamento esplorativo è imposto già a livello genico ed il filtro del colore è potentissimo poiché, quasi soli tra le specie, siam dotati di coni e bastoncelli e di una vista che supporta gran parte del sociale. Anche se spesso, per calcolo o per stanchezza, lo dimentichiamo, è solo la volon¬tà del percorso che struttura il nostro ipotetico futuro.

 

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